mercoledì 4 dicembre 2013

Alcune riflessioni attorno le famiglie contemporanee (2° parte)

 Luca Ciusani, Psicologo Accoglienza e lavoro Molteno

Non è retorica, fare i genitori è un mestiere difficile. Si sa, non esistono ricette o programmi vincenti e i manuali per essere “genitori felici”, compilati a cura di psicologi ed educatori, appaiono spesso intrisi di luoghi comuni e poco rispondenti alle reali difficoltà che madri e padri si trovano a dover affrontare.
L’educazione dei figli non prevede standardizzazioni o regole che garantiscano il risultato; ogni genitore è diverso e ogni figlio anche. Lo stesso Sigmund Freud indicava l’educare come un compito impossibile1.
D’altronde, in estrema sintesi si potrebbe dire che l’obiettivo principale dell’educazione dei figli è proprio promuoverne la soggettività, porre le condizioni affinché essi possano sviluppare appieno le proprie potenzialità.
Può apparire un compito paradossale se si pensa alla necessaria rete di limitazioni che il processo educativo porta con sé per chi lo riceve. Individuo e società vengono a contatto: da una parte la soggettività come espressione della più intima particolarità personale e dall’altra le regole come limitazione della stessa a favore della collettività. Complicato pensare a come queste due tendenze possano coesistere nello stesso processo. Questo aspetto paradossale del resto è presente nell’etimologia stessa della parola. Educazione viene dal latino e-ducere che significa letteralmente condurre fuori, quindi liberare, far venire alla luce qualcosa che è nascosto, ma l’utilizzo che ne viene fatto sta ad indicare quel processo attraverso il quale l’individuo riceve ed impara quelle particolari regole di comportamento che sono condivise nel gruppo familiare e nel più ampio contesto sociale in cui è inserito. Far emergere attraverso delle limitazioni.
Lasciando sullo sfondo quella che potrebbe sembrare una contraddizione, si può con certezza affermare che in ogni caso l’educazione non è un processo autarchico, non è qualcosa che l’individuo può fare da solo, ma al contrario implica una relazione dialettica.
I genitori, ma non solo se pensiamo ad esempio agli insegnanti, sono i soggetti elettivamente chiamati a rispondere a questa necessità. Va da sé che le difficoltà, i dubbi, le incertezze, e che diamine diciamolo, gli errori non siano l’eccezione ma la regola. Tuttavia crediamo sia interessante, almeno per il discorso che stiamo facendo, cercare di evidenziare e magari anche provare a capire, quali specifiche difficoltà porti con sé il discorso sociale della nostra contemporaneità.
Come si diceva sopra, fare i genitori è un mestiere difficile e con ragionevole sicurezza si può dire che lo sia sempre stato e che probabilmente lo sarà sempre; ma quali contorni prende questa sfida oggi?
Al di là delle differenze individuali, che ovviamente sono fondamentali ma non approcciabili da un discorso generale, si possono individuare due elementi caratteristici della modernità che crediamo giochino un ruolo importante nel determinare la difficoltà cui i genitori devono far fronte. Lo sfondo comune a questi elementi è la trasformazione della struttura familiare, di cui si è parlato precedentemente. La messa in crisi del modello familiare tradizionale, unita alla mancanza di un modello alternativo “forte”, costituisce la base con cui approcciare la questione.
1- Il discorso sociale sembra spingere verso una indifferenziazione dei ruoli. Negli ultimi decenni si è assistito ad una progressiva spinta verso una certa intercambiabilità dei membri della coppia genitoriale. Le cause di questo fenomeno sono molteplici e un’analisi puntuale richiederebbe più tempo, però due elementi sono facilmente rilevabili: da una parte l’emancipazione della donna, dall’altra l’aumento delle esigenze economiche familiari.
Se la prima ha avuto come conseguenza il fatto che le donne abbiano potuto trovare realizzazione in ambiti diversi da quello familiare, la seconda ha in molti casi reso non solo possibile ma necessario che accanto al lavoro dell’uomo, tradizionalmente accettato e promosso, si affiancasse quello della donna. Entrambi i movimenti sono andati chiaramente nella direzione di ridurre la differenza all’interno della struttura familiare.
L’emancipazione femminile e la necessità economica effettivamente portano con sé alcune conseguenze. Una donna che si trovi oggi in una situazione familiare, di matrimonio o di convivenza, si può ad esempio veder costretta a decidere tra la maternità ed il lavoro; d’altro canto un uomo si può trovare nella condizione di essere colui che si occupa principalmente dei figli. “Pari dignità tra uomo e donna” spesso assume i contorni di “stessa funzione”, come se la coppia genitoriale dovesse apparire scevra da ogni differenziazione.
Non ci sono regole fisse, i lettori ci scuseranno se insistiamo su questo punto, ma è un dato di fatto oltre ad essere una posizione etica. L’azione orientativa che una suddivisione netta delle competenze aveva sugli individui appare oggi labile. Chi mette le regole? Chi si occupa delle faccende di casa? Chi va a portare i bambini a scuola? Chi si occupa degli impegni dei figli? Chi cucina? Qualcuno rinuncia alla carriera per i figli?
Solo alcune domande, tanto per stare sul leggero, ma non sarebbe fuori luogo porne altre alla luce della cronaca. E’ notizia recente del primo “uomo-ex-donna” incinto… le possibilità inedite sono all’ordine del giorno.
2- Il tempo che i figli trascorrono con i genitori, o con uno di essi, si è notevolmente ridotto. Lo stile di vita attuale necessita che i genitori siano sempre più impegnati lavorativamente. I genitori sono meno a casa e spesso la rete familiare dei nonni, degli zii, ecc., non li può supportare adeguatamente, o semplicemente non viene considerata come la soluzione ottimale.
E’ un fatto che dalle prime esperienze di scuole a tempo pieno siano trascorsi circa quarant’anni e che progressivamente si sia assistito ad una continua domanda da parte delle famiglie di poter usufruire di servizi simili.
Attualmente si assiste ad un grosso impegno da parte delle istituzioni scolastiche e dei comuni per far fronte a queste esigenze. Tempo pieno, rientro, pre-scuola, dopo-scuola, anticipi, classi primavera, asili nido, centri estivi, attività integrative: queste le parole che indicano le risposte che le istituzioni provano ad attivare.
I tempi cambiano e le esigenze anche, ma è evidente che il tempo passato in famiglia si riduce. Quali conseguenze comporta questo?
Non crediamo che si possa fare un’equivalenza stretta tra il tempo passato in famiglia e l’efficacia dell’azione educativa dei genitori; piuttosto crediamo sia più interessante affrontare la questione rilevando come altre istituzioni, principalmente la scuola, siano state chiamate a dover assolvere a compiti inediti di natura educativa. Anzi, si potrebbe dire, cambiando di poco la prospettiva, che i genitori debbano oggi demandare parte del loro compito ad altri. Ma chi sono questi altri?
Per esempio gli insegnanti, i quali però, dal canto loro, stanno attraversando un difficile momento dal punto di vista del riconoscimento che le famiglie accordano al loro ruolo.
Riassumendo: compito difficile, necessità di demandare, discorso sociale non garante dei ruoli… la miscela è esplosiva.