di Luca Ciusani
Se il discorso sociale odierno sembra puntare verso
un’indifferenziazione dei ruoli parentali, le parole dei genitori
sembrano invece portare la questione su un altro piano. Effettivamente
ascoltando i genitori che abbiamo avuto modo di incontrare, abbiamo
avuto l’impressione che a fronte di una tanto legittima quanto presunta
parità dei diritti e dei doveri tra i coniugi, ci sia all’interno di
ogni nucleo familiare una suddivisione particolare delle diverse
funzioni che i genitori sono chiamati a svolgere nel processo educativo
della prole.
Parlando
di funzioni si punta ad isolare la specifica posizione che un genitore
svolge all’interno della famiglia ed in particolare rispetto alla
crescita dei figli. L’utilizzo del termine funzione, preso a prestito
dalla logica matematica, rende conto degli effetti che la presenza del
singolo genitore è chiamata a dover promuovere. In un certo senso è come
se l’adulto prendesse posto nell’equazione familiare come operatore che
mette in relazione gli altri membri della famiglia al fine di produrre
degli effetti, educativi anche. Detto altrimenti, la funzione rimanda
alle necessità dello sviluppo dei figli e a ciò che il genitore incarna
rispetto a tali necessità.
Chi accudisce i bambini? Chi pone le regole? In che rapporto sono i
genitori uno rispetto all’altro? Queste domande non possono
evidentemente trovare una soluzione esaustiva nel concetto della parità
di diritti e doveri. La diffusa risposta “lo facciamo entrambi” da una
parte dice dell’importanza della condivisione delle scelte e degli
interventi operati in famiglia, ma dall’altra sembra lasciare molte
ombre su come realmente si articolino i diversi aspetti di tali
interventi.
Ci sembra che non sia sul piano del diritto e della parità che le
differenze possano essere colte; esse rimandano infatti
contemporaneamente alla realtà dell’operato dei genitori ed allo stile
con cui tale operato è interpretato dai singoli. I rapporti all’interno
delle famiglie sono particolari, unici e si annodano rispetto alle
diverse soggettività presenti nel nucleo.
E’ la madre che si occupa principalmente di accudire i figli? Forse,
ma non è certo. E’ il padre che si occupa di porre limiti e regole? A
volte, ma non sempre. I genitori si desiderano reciprocamente? E’
auspicabile, ma non è sempre così.
L’alchimia richiesta è complessa ed ammette ogni genere di
interpretazione. Ciò che si può però isolare, all’interno di questa
molteplicità, sono le diverse funzioni che i membri di una famiglia
devono necessariamente ricoprire.
In questa prospettiva la cosiddetta parità crediamo sia da porre sul
lato della necessità che le funzioni svolte portano con sé.
L’uguaglianza si connota allora non tanto rispetto ad un’equa
suddivisione delle incombenze, quanto piuttosto per il riconoscimento
dell’importanza che le diverse, e quindi ineguali, funzioni portano con
sé.
Ciò che conta crediamo sia il risultato, in modo abbastanza
indipendente da chi sia a ricoprire l’una o l’altra funzione. A titolo
di esempio pensando a ciò che spesso si sente dire a proposito della
”assenza dei padri”, ci si potrebbe chiedere se la presenza fisica sia
indispensabile allo svolgersi della funzione cosiddetta paterna. Un
padre lontano da casa non può ugualmente svolgere, nelle parole che la
madre spende verso i figli, la sua funzione nell’essere per esempio un
riferimento per la madre stessa? “Il papà è lontano ma ci vuole bene”,
questa semplice frase non potrebbe dare testimonianza di come la
presenza possa essere veicolata dalle parole? Il rapporto tra la madre
ed il padre, che tale enunciato delinea, non credete che risponda alla
mancanza fisica del padre con una presenza ancor più sentita, perché fa
da testimonianza del rapporto di desiderio di tale padre verso la sua
famiglia? “…è lontano ma ci vuole bene…”.
Come si diceva è un’alchimia difficile che, oggi forse più di ieri,
si deve inventare e reinventare secondo modalità inedite, non
precostituite.