di Simone Feder, psicologo casa del giovane di Pavia
La nostra è l’ultima generazione ad aver obbedito ai genitori e la prima ad obbedire ai figli. È forse questa la colpa del tanto disagio giovanile di oggi?
Abbiamo cercato in tutti i modi di confondere i ruoli, diventare amici dei nostri figli cercando di comprendere ad ogni costo i loro problemi, abbattere il più possibile le differenze per avvicinarci sempre più al loro mondo irraggiungibile.
Il risultato: abbiamo giovani con poche certezze e tanti dubbi, mancano di regole e di “spina dorsale”.
Quali proposte facciamo loro? Oggi gli adulti faticano a porsi al fianco dei giovani, ad approcciarsi a loro, e non riescono ad essere delle presenze discrete e dei solidi punti di riferimento, ad accompagnarli alla scoperta della vita. E così Pinocchio, invece di diventare un ragazzo vero, parte di nascosto col suo amico Lucignolo per il paese dei balocchi.
Molti di questi nostri ragazzi soffrono e faticano a crescere perché non hanno alternative! ‘Non c’è altro da fare’ è per questo che poi fanno indigestione di “sballo”, di esperienze ai limiti, ricercando nei loro stessi coetanei quelle sicurezze che non possono dare e che dovrebbero ricevere dagli adulti.
E’ sempre più bassa l’età in cui i ragazzi fanno uso di sostanze alcoliche o stupefacenti, non esistono “posti” o locali che possano ritenersi sicuri da questo punto di vista. I traguardi diventano il divertimento e il godersi la vita e le responsabilità non vanno più di pari passo con la maggiore libertà che, giustamente, l’età dell’adolescenza richiede. E tutto ciò porta ad acuire la loro sofferenza, il loro non accettarsi, l’insicurezza.
E’ importante dar luoghi sicuri all’interno dei quali sentano accolte queste loro difficoltà e capiti i loro bisogni, spazi dove dar loro ascolto nelle scuole e nei posti di aggregazione. Non semplici ‘sportelli di sfogo’, ma luoghi dove trovare risposte per progettualità concrete e proposte realizzabili, che partano dalle risorse interne all’individuo e del proprio territorio.
Non possiamo limitarci ad ascoltare, non basta! Dobbiamo mirare alla promozione sociale e allo sviluppo personale del singolo individuo, incentivando le persone a costruire da sé le proprie qualifiche e le risposte ai bisogni, offrendo spazi e laboratori in cui possano creare ciò di cui hanno bisogno rendendosi protagonisti del loro cammino di crescita.
I giovani devono poter intravedere il modo non solo di mettere in discussione fino in fondo il loro stile di vita, ma anche di prefigurarsi delle ipotesi concrete di cambiamento, respirare e conoscere quell’”alternativa” essenziale per abbandonare definitivamente i loro schemi e diventare così consapevoli di sé, delle proprie scelte, delle proprie emozioni e del mondo che li circonda, soggetti d’esperienza e protagonisti attivi della propria vita.
I tanti anni a contatto con il mondo del disagio ci portano a dire è necessario radicare in profondità nuovi criteri, nuovi valori, nuova spiritualità che portino il giovane a conoscere, individuare, accettare e verificare nuove modalità di essere.
Il nostro deve diventare soprattutto il tempo della responsabilità e dell’investimento a lungo termine. Ritengo questa la vera strada della prevenzione.
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